"Una rivoluzione gentile?" Il Presidente Antonio D'Onofrio risponde al Vescovo Pompili

04-12-2018
Gianluca Vannicelli

Il Discorso alla Città del vescovo Pompili, così ricco di spunti e di sollecitazioni, è un’occasione da cogliere per fare il punto su quello che siamo, come sistema-territorio, e soprattutto su quello che vorremmo essere, alla luce dei cambiamenti che questo tempo ci impone.
Mentre anche gli ultimi dati sullo stato delle Province del Lazio di Eures fotografano un luogo da cui si va via (- 3.116 la variazione dei residenti tra 2014 e 2018) e chi resta è la popolazione più anziana della regione (il 25,2% del totale ha più di 65 anni), il vescovo ci sprona a una rivoluzione gentile, qualcosa che “mobiliti la città” per “svecchiare abitudini consolidate” e “superare chiusure mentali e fisiche”. Insomma, laicamente ci invita a smuovere le acque, a darci una mossa. E fa bene, perché ce n’è un gran bisogno.
L’acqua, quale tesoro da tutelare e da valorizzare, e il Cammino di Francesco, come caratterizzazione turistica spendibile, non sono una novità nell’ultra decennale dibattito sullo sviluppo locale, ma evidentemente serve un altro approccio perché quelle che sono due autentiche ricchezze locali funzionino per davvero da leva per l’economia. La Fondazione, in quest’ottica, ha programmato progetti di promozione del Cammino di Francesco e un piano di implementazione tecnologica che prevede un hot spot wi-fi pubblico nei 58 comuni del reatino che ne sono privi.
Le statistiche ancora non rilevano l’avvento di Amazon – a nostro avviso dirompente - e lo sviluppo del polo della logistica a Passo Corese: l’occupazione, nel Lazio e più in generale nel Paese è in forte crescita, nel reatino cala; cala anche il tasso di disoccupazione, e questo è buono, ma molto meno che altrove. Questo ha spinto la Fondazione a promuovere un piano di contrasto alla povertà educativa di bambini e ragazzi, insieme alle migliori espressioni del settore pubblico, privato, religioso e non profit del territorio.
Decisiva resta l’Università, che a nostro parere è uno snodo essenziale per favorire quel processo di innovazione di cui Rieti ha bisogno. La Fondazione Varrone alla Sabina Universitas ci ha creduto e ne ha dato tangibile dimostrazione, ma siamo di nuovo in uno di quei momenti in cui ci dobbiamo credere tutti. Il vescovo Pompili suggerisce di riportare gli studenti in centro. Un ragionamento condivisibile, vista l’importanza che riconosciamo all’Università e alla necessità che il cuore di Rieti riprenda a battere dopo lo shock del terremoto. Ma bisogna valutarne la fattibilità.
Da ultimo, il vescovo ci chiede di avere speranza e sfuggire al canto delle sirene del “va tutto male, non cambierà mai niente”. Più che un canto una vera lamentazione, direi, che mi piacerebbe ribaltare a beneficio della città perché qualcosa cambi.
Monsignor Pompili ha indirizzato da tempo la Chiesa di Rieti su questa strada.
La Fondazione Varrone è stata e continua ad essere una compagna di viaggio attenta e robusta. Siamo però a un passaggio al quale aspettiamo tutte le forze sociali, politiche e istituzionali del territorio.